Roque Júnior em curso na Itália, fala com La Gazzetta dello Sport

30 de junho de 2015  // 

O zagueiro pentacampeão mundial, Roque Júnior, está fazendo mais um curso de treinador da Uefa que está sendo realizado na Itália. O jornal La Gazzetta dello Sport aproveitou para falar com ele sobre o Milan, futebol italiano e brasileiro. Leia abaixo a reportagem na íntegra feita pelo Massimo Cecchini:

’INTERVISTA di MASSIMO CECCHINI
ROMA
Davanti agli occhi scivolano le curve morbide di Via Veneto, simbolo internazionale di una dolce vita romana annegata in una attualità malinconica. La «location» in fondo è perfetta. Parlando con Roque Junior per certi versi sembra di percepire più chiaramente il tramonto del Brasile e del Milan, le squadre che lo hanno portato sul tetto del mondo. A 38 anni, l’ex difensore della Selecao ha cominciato una nuova vita, iscrivendosi al corso Uefa A di Coverciano, in attesa del Supercorso. Nel destino, insomma, resta il calcio, che è insieme ricordi e progettualità. 
Roque Junior. lei che cosa farà da grande? 
«Ho smesso di giocare 5 anni fa. Ho fatto il d.s. per il Paranà, lo scout per la Nazionale in vista del Mondiale 2014, il tecnico per il XV Piracicaba e il corso di allenatore in Brasile, anche se quel patentino in Europa non è riconosciuto. Che dire? Se hai fatto il calciatore, non ti troverai mai in un altro lavoro. Manca quell’adrenalina che solo il pallone può dare». 
Strana la vita: sia il Brasile che l’Italia adesso sono in crisi a livello di Nazionale. 
«Perché i giocatori di qualità sono diminuiti in entrambi i Paesi. Da voi ce ne sono pochi, in Brasile ce ne sono di più, ma vedo a Coverciano che volete cambiare mentalità, non perdendo di vista le vostre esperienze tattiche, la vostra cura della fase difensiva. In fondo in Italia vale sempre la regola: “primo non prendere gol”. 
In Brasile ci sarà anche più qualità, ma la Copa America ha sancito un altro clamoroso flop dopo quello del Mondiale: lei sta con Dunga? 
«Sì, il problema non è lui, sono le regole. In Brasile, anche per via dei fondi, girano troppi soldi intorno a ragazzini giovanissimi. C’è gente che a 17 anni ha già tutto e perde subito la voglia di arrivare. E poi a livello dirigenziale non c’è pazienza. Lo sa che nelle prime due serie, in 9 giornate quest’anno hanno già esonerato 8 allenatori? Così come si fa a crescere? 
Intanto in Copa ci sono 4 c.t. argentini al vertice. 
«Lavorano meglio perché hanno una mentalità più europea. Mi piace molto Sampaoli: il suo Cile è il favorito insieme all’Argentina. Nel calcio occorre anche saper difendere». 
Dopo le delusioni di Thiago Silva e Neymar, ha rimpianti per esclusioni di gente come Diego Costa? 
«No, lui ha fatto bene a scegliere la Spagna perché la sua cultura calcistica è europea. Thiago e Neymar sono dei campioni, ma per fare l’ultimo gradino e paragonarsi ai grandi della storia devono vincere con la Nazionale». 
A proposito di Brasile, ha apprezzato l’assegnazione di Mondiale e Olimpiade? 
«Non ne valeva la pena. Ho capito chi protestava: troppi costi e tanta corruzione» 
Questo concetto ci riporta in Italia. E allora parliamo dell’eclissi del Milan. 
«La crisi economica ha influito, così come forse la poca esperienza di Seedorf e Inzaghi. Nel calcio occorre fare un percorso e quindi penso che Mihajlovic ora sia la scelta giusta. Certo, ciò che conta sono i giocatori. Il Milan ha ancora fascino e l’acquisto di Bacca può fare bene, anche se Siviglia è una realtà diversa. Ma occorre altro. Il mio Milan non era una squadra, era una Nazionale. Uno come Morfeo con noi giocava poco, ma in Brasile sarebbe arrivato nel giro della Selecao. E poi c’erano regole che rispettavano sia i vecchi che leader come Rui Costa, Bierhoff o Leonardo. Per i giovani era più facile crescere, per non parlare della carica che ci dava Berlusconi. Adesso però credo che aprire agli stranieri sia giusto. Guardate l’Inter. La Juve è davanti, ma i nerazzurri si stanno già muovendo bene». 
Qual è stato il tecnico che le ha insegnato di più? 
«Escludendo Scolari, con cui sono stato 4 anni al Palmeiras, ho apprezzato tanto Zaccheroni, che mi ha insegnato a difendere di reparto e non alla brasiliana, cioè uno contro uno. Lui giocava con una vera difesa a tre, non a 5 come quelle che noto in Italia. Se Conte lasciasse la Nazionale, lo vedrei bene come c.t.» 
Lei ha giocato anche in Germania e Inghilterra: dove si è trovato meglio? 
«In generale direi in Germania. Anche dal punto di vista del tifo c’è calore ma rispetto. Se perdi, capiscono che non hai ucciso nessuno». 
Ha mai avuto problemi di razzismo? 
«Un paio di volte, in Italia e Spagna. Mi hanno fatto dei “buu”, ma non mi sorprendo: il calcio è lo specchio della società. Guardi quello che sta succedendo alla Fifa». 
Da noi abbiamo anche la piaga della partite truccate: in campo ha mai avuto sensazioni strane? 
«Guardi, giocavo con gente di così gran livello che nessuno si sarebbe mai permesso di chiedere niente. Comunque, non ho mai visto cose del genere così spesso come in Italia. Anche qui forse è una questione culturale…».Forse. E non è davvero una bella notizia .